Le associazioni del personale di polizia del Canton Ticino hanno bocciato lo studio “Polizia ticinese”, promosso dal Dipartimento delle istituzioni e voluto dal consigliere di Stato Norman Gobbi. Il progetto, pensato per migliorare la collaborazione tra Polizia cantonale e Polizie comunali, viene giudicato confuso, burocratico e potenzialmente dannoso per la sicurezza pubblica.
Secondo i sindacati, il modello proposto – ispirato al “New Public Management” – rischia di appesantire la gestione operativa, moltiplicando i livelli decisionali e indebolendo la coordinazione tra i corpi. Anche la distinzione tra “reati di prossimità” e altri tipi di reato è ritenuta arbitraria e poco funzionale, poiché non rispecchia la realtà delle situazioni affrontate quotidianamente dagli agenti.
Preoccupano inoltre la possibile riduzione della copertura sulle ventiquattro ore da parte delle Polizie comunali e il sistema di convenzioni obbligatorie tra Comuni, che secondo le associazioni potrebbe favorire logiche di mercato a scapito della sicurezza locale. Le attuali pattuglie, affermano i sindacati, non sarebbero sufficienti a garantire un servizio continuo, soprattutto nelle ore notturne.
Altre critiche riguardano la fissazione di un numero minimo di agenti per corpo, ritenuto un criterio rigido e poco realistico, e la mancata attenzione all’interoperabilità tecnologica tra Polizia cantonale e comunale. Dubbi anche sui risparmi economici prospettati, giudicati “non documentati e difficilmente credibili”.
Le associazioni chiedono infine una riflessione più approfondita sulla distribuzione dei compiti e delle risorse, sottolineando che la sicurezza della popolazione non può essere sacrificata in nome della burocrazia o di meri obiettivi di bilancio.